Descrizione
L'Epoca Romana
L'epoca romana. L'insediamento di Sevegliano
Sebbene non manchino testimonianze di frequentazione anche in epoche precedenti, la zona oggi compresa entro i confini del Comune di Bagnaria Arsa conobbe un più intenso popolamento in età romana, in seguito alla fondazione della colonia di Aquileia nel 181 a.C. L'area più favorevole allo sviluppo di insediamenti umani era situata nella parte settentrionale dell'attuale territorio comunale, nelle vicinanze dello snodo viario tra la strada che proveniva da Codroipo (la via Postumia?) e quella che da Aquileia portava al Norico (l'odierna Austria). Lungo queste due direttrici erano disposte, come di norma, anche le necropoli: ritrovamenti di tombe a cremazione sono segnalati in diversi punti, soprattutto lungo la SS 352, che in parte ripercorre un tracciato antico. La zona meridionale, invece, doveva presentare una fisionomia diversa, con la prevalenza di boschi e di corsi d'acqua, e risultava forse meno adatta alla creazione di insediamenti di rilievo: tuttavia, lungo il corso della roggia Castra esisteva un grosso edificio, forse una villa con terme annesse.
L'insediamento di Sevegliano, sorto all'incrocio tra le due vie suddette, ha restituito testimonianze notevoli di epoca romana, soprattutto per il periodo immediatamente successivo al 181 a.C. I materiali rinvenuti sono sufficienti a delineare l'ampiezza dei contatti commerciali con le regioni vicine, facilitati dalla felice posizione in relazione al sistema viario, e i costumi di vita degli abitanti: la ceramica fine da mensa è di produzione locale o d'importazione italica (ceramica a vernice nera), mentre un recipiente in ceramica grigia riporta un'iscrizione nell'antica lingua venetica, soppiantata poi dall'uso del latino; alcuni recipienti testimoniano di rapporti con l'area celtica. Sono stati rinvenuti, inoltre, un raro esemplare di bollitore per il latte, che docmenta il passaggio in loco di greggi di ovini, e un piccolo forno per il pane. L'illuminazione era assicurata dalle lucerne a vernice nera. Il consumo del vino è sicuramente attestato dalla presenza delle tipiche anfore vinarie del I sec. a.C. e da bicchieri a pareti sottili. La circolazione monetaria segna un particolare incremento verso la metà del II sec. a.C., forse in concomitanza con la creazione della via Postumia (148 a.C.).
Non sono stati rinvenuti resti cospicui di edifici, forse cancellati dai lavori per la lottizzazione moderna dell'area. Sono sopravvissute, invece, le opere di bonifica e drenaggio dei terreni umidi, preliminarmente eseguite attraverso il riutilizzo di anfore. La costruzione di maggior pregio doveva essere un piccolo tempio, purtroppo non localizzabile con sicurezza, di cui rimangono gli elementi in terracotta destinati a proteggere le travature lignee. Nei pressi della strada esisteva un pozzo in mattoni, all'interno del quale sono stati recuperati un pugnale, appartenuto probabilmente a qualche legionario di passaggio, e altri pregevoli materiali. Tra il IV e il V sec. d.C. nella zona fu impiantata anche una piccola officina vetraria, nella quale si smerciavano, oltre ai recipienti fabbricati in loco, anche prodotti provenienti da altre zone dell'impero.
Tempio e strada romana
L'insediamento romano di Sevegliano era ubicato nei pressi dell'incrocio tra la via Postumia, che proveniva da Codroipo e, dopo un lungo tratto trasversale, piega verso sud nel territorio di Sevegliano, e la cosiddetta via Iulia Augusta diretta da Aquileia al Norico (attuale Carinzia). L'incrocio, attestato già in età preromana, era un punto nevralgico per i traffici commerciali diretti a nord e a ovest, si trattava di un luogo di sosta e persino di un luogo sacro, come è stato dimostrato da recenti scavi archeologici.
La scoperta principale si riferisce, infatti, ad un tempio di età tardorepubblicana decorato con lastrine in terracotta gialla e arancione, dipinta con pochi pigmenti dai colori vivaci. La disposizione dell'edifico è sconosciuta, poiché le antefisse decorative che gli appartenevano non sono state recuperate sul posto, in quanto reimpiegate, in un momento successivo alla demolizione del tempio (forse alla fine del I secolo a.C.), per il drenaggio dei terreni in pericolo di impaludamento. Le terrecotte erano state utilizzate come zeppature inserite tra le numerose anfore e gli altri laterizi rinvenuti che erano serviti all'opera di bonifica. Per il tempio è stata ipotizzata una forma architettonica tipica del II secolo a.C. nel Lazio, nell'Italia Meridionale e nella pianura Padana, con una facciata costituita da colonne sormontate da semplice frontone decorato in terracotta. Nello stesso sito è stata inoltre individuata un'officina per la produzione di vari contenitori in vetro tra cui bicchieri e bottiglie, operante nel IV-V secolo a.C.
Il tempio di Sevegliano rappresenta una delle rare testimonianze della cultura religiosa della popolazione friulana durane la prima età romana.
La Necropoli Altomedioevale
La necropoli altomedievale di Bagnaria Arsa
Dopo la calata dei Longobardi di re Alboino nel 568 d.C., iniziò un lungo processo di integrazione tra la popolazione stanziata nel territorio friulano e gli invasori. La necropoli rinvenuta presso il campo di tiro a volo di Bagnaria Arsa può illustrare, attraverso i corredi deposti accanto ai defunti, la convivenza tra queste due componenti. Delle undici tombe rinvenute nel 1990 (ma una parte notevole dell'area funeraria fu senza dubbio cancellata da una cava di recente utilizzo), solamente due hanno restituito oggetti, facenti parte del vestiario o dell'armamento, che possono denotare l'origine longobarda dei loro possessori; le altre contenevano elementi di corredo scarsamente caratterizzanti, per cui si ritiene che appartenessero piuttosto a individui di origine autoctona.
La necropoli fu utilizzata soprattutto nella prima metà del VII secolo. Essa faceva capo probabilmente ad un piccolo insediamento rurale, che sorgeva nei pressi della strada proveniente da Codroipo e diretta ad Aquileia (in zona è attestato il toponimo Dolée, che deriva appunto dalla dizione popolare di Aquileia).
L'età di Mezzo
La scarsità di dati archeologici e di documenti scritti costituisce un limite notevole per la conoscenza del territorio nel lungo periodo compreso nell'"età di mezzo". La fisonomia del comprensorio comunale durante l'epoca altomedievale, tra il V e l'XI secolo, doveva essere caratterizzata dai numerosi corsi d'acqua e dai folti boschi, in particolare nella zona meridionale; nell'area settentrionale, in relazione agli assi stradali mantenutosi praticamente inalterati anche dopo la fine dell'età romana, doveva essere più fiorente l'attività agricola.
Intorno al 1000 assume un certo rilievo l'abitato di Castions delle Mura, situato nella zona della chiesa di S. Maria Assunta e denominato Curtem o Curiam Veterem (Cortevecchia, Curviere); a questo si sovrappose, nei documenti dell'XI secolo, il toponimo Castellione. Nel 1129 il villaggio apparteneva ad Azo di Azmurghen, personaggio di stirpe longobarda, come espressamente ricordato dal figlio Ugo cinque anni più tardi. Ben presto, però, Castions e Campolonghetto entrarono a far parte della giurisdizione degli Strassoldo (la "corte nuova"), mentre Bagnaria dipendeva direttamente dal patriarca di Aquileia.
Gli abitanti dei diversi villaggi vivevano in case modeste, con il tetto in paglia e un ampio cortile. Dell'entità numerica e della composizione sociale della popolazione possiamo farci un'idea attraverso un "censimento" del 1375, che riporta, paese per paese, il nome dei singoli abitanti, la loro età e la professione. Essi pagavano un affitto ai nobili o all'istituzione ecclesiastica, costituito da prodotti della terra (frumento, miglio, avena, segala e vino) o da animali da cortile (galline e uova). Le condizioni di vita non dovevano essere delle migliori, e potevano subire un repentino peggioramento a causa di eventi atmosferici o dei non infrequenti episodi bellici (come le invasioni dei Turchi sul finire del XV secolo). Accanto all'agricoltura, si svilupparono altre attività legate allo sfruttamento dei numerosi corsi d'acqua (mulini sono segnalati nel 1323 a Privano, quindi a Campolonghetto nel 1563 e, probabilmente, a Chiarmacis) o delle aree boschive (tra i quali il bosco della Crastia, ricordato nel 1488, quello chiamato Lu Sterp, nel 1402, quello di Choronis, nel 1477, quello del Nodeon). Queste ultime ospitavano una ricca fauna; a giudicare da alcuni residui toponomastici vi faceva la propria apparizione anche il lupo.
La parrocchia e l'organizzazione comunale erano i due centri intorno ai quali ruotava la vita della comunità . La chiesa era un edificio modesto, con poche suppellettili sacre, come si evince dagli inventari del 1530 relativi a Sevegliano e a Privano: i beni mobili e immobili che ad essa appartenevano erano gestiti dai camerari. Tutte le chiese dell'attuale comune di Bagnaria Arsa, eccetto quella di Sevegliano (legata forse all'abbazia di Moggio), dipendevano inizialmente dalla pieve di Aiello, ma nel corso del XVI secolo la parrocchia di Bagnaria con Campolonghetto, Privano, Curviera, Castions) si rese autonoma. Vi fu tuttavia una lunga contesa tra le chiese di Bagnaria e di Castions circa la preminenza in ambito locale, che entrambe vantavano.
L'assemblea dei capifamiglia (vicinia) costituiva invece l'organismo di autogoverno laico. Il degano e i giurati (figure assimilabili rispettivamente al sindaco e alla giunta odierni) era eletto direttamente dagli Strassoldo, tranne che a Bagnaria. I paesi erano caratterizzati da una forte rivalità , che sfociò talvolta in risse, come avvenne nel 1536 tra gli abitanti di Palmada e di Sevegliano.
Il Leone di Venezia
Il Leone di Venezia e il territorio
Anche dopo la conquista veneziana del 1420 i Signori di Strassoldo mantennero la propria giurisdizione sui paesi dell'attuale comune, con la solita eccezione di Bagnaria.
I decenni finali del XV secolo furono funestati dalle invasioni dei Turchi, che devastarono nel 1477 e nel 1499 anche Sevegliano e Bagnaria.
Un evento epocale come la costruzione della fortezza di Palma nel 1593 non poteva non avere ripercussioni sul territorio confinante, impoverito dai lavori di scavo e di canalizzazione, e sugli abitanti dei villaggi circostanti, che furono spesso costretti a fornire la propria opera o i propri mezzi di trasporto. La presenza dei soldati fu, in più di un'occasione, la causa di liti con la popolazione locale. D'altra parte, la fondazione della nuova cittadina poteva offrire ai contadini dei dintorni un'occupazione (nel 1594 la paga giornaliera era di venti soldi) e fornire la possibilità di vendere i propri prodotti; all'inizio del Seicento esisteva a Privano una fornace di laterizi, impiegati principalmente nei lavori edilizi della fortezza. La giustizia veniva amministrata dai Signori di Strassoldo, ma per i fatti di sangue dal 1577 fu competente direttamente il Luogotenente veneziano di Udine, che intervenne, ad esempio, per l'omicidio di un soldato di Spalato avvenuto a Privano nel 1657.
Le testimonianze sugli edifici ecclesiastici si fanno più numerose a partire dal Cinquecento.
Nel 1547 fu edificata la chiesa di S. Maria Assunta di Castions, ristrutturata poi nel 1767 dal conte Giuseppe Antonio di Strassoldo. Alla metà del Seicento venne costruita, sopra un edificio preesistente, la nuova chiesa di S. Andrea a Sevegliano, che nel 1744 fu dotata dell'attuale campanile. Alcuni documenti si riferiscono, invece, alla chiesa di S. Giorgio a Bagnaria.
L'economia era sempre legata all'agricoltura. Le colture principali erano il frumento, l'avena e il miglio: dalla metà del XVII secolo compare anche il "sorgo turco", ovvero il mais. Con questi prodotti continuavano ad essere pagati gli affitti sui terreni coltivati; le ampie fluttuazioni dei prezzi che si registrarono a cavallo della metà del XVIII secolo potevano mettere in ginocchio intere famiglie.
Un'attività sempre molto sviluppata era quella legata alla macinazione dei cereali. Mulini esistevano a Sevegliano (San Gallo, delle Tolle, di Codis) e a Campolonghetto (due). Di uno di questi possediamo una stupenda e dettagliata descrizione del 1705, che permette di immaginare quali erano le caratteristiche di questi edifici e dei fabbricati annessi.
L'epoca Napoleonica
L'epoca napoleonica e le lotte risorgimentali
Nel 1797 la Repubblica di Venezia cadde senza opporsi di fronte alle armate di Napoleone Bonaparte. Il passaggio dal dominio della Serenissima a quello francese fu praticamente indolore, e gli unici episodi di ribellione in Friuli avvennero il 16 aprile 1797 a Castions delle Mura (dove alcuni soldati furono privati delle armi, percossi e imprigionati per qualche tempo) e, pochi giorni dopo, a Bagnaria. L'accaduto non passò inosservato alle autorità francesi e allo stesso Napoleone, tanto che il generale Guillaume, di stanza a Palmanova, fu sul punto di dare alle fiamme il villaggio di Castions. Solo l'intervento del Luogotenente veneziano del Friuli, Alvise Mocenigo, riuscì a farlo desistere dal proposito: furono allora arrestati quattro presunti colpevoli della ribellione.
Dopo la firma del "Trattato di Campoformio", avvenuta a Villa Manin, dal gennaio 1798 le armate asburgiche presero possesso di tutto il Friuli, fino al novembre del 1805, quando vi ritornarono le truppe francesi. Il Friuli fu allora unito al Regno d'Italia di Napoleone I fino al 1814: in questo periodo due guerre vennero combattute sul suo territorio, nel 1809 e nel 1813-14, e in entrambe la fortezza di Palmanova fu assediata, con gli assedianti accampati nei paesi circostanti. Alle privazioni delle guerre seguirono carestie ed epidemie che rallentarono lo sviluppo economico della regione, assegnata dal Congresso di Vienna all'Impero asburgico.
Nel marzo del 1848 l'intero Friuli insorse contro le autorità imperiali, e conobbe una breve primavera di indipendenza, nella quale si formò un Governo Provvisorio che affidò il comando della fortezza di Palmanova al generale Carlo Zucchi, anziano ufficiale italiano dell'esercito napoleonico. Il 27 marzo avvenne un primo scontro a Visco, che vide patrioti italiani contro soldati e sudditi asburgici, e in seguito fu ordinata la mobilitazione delle Guardie Civiche di tutto il Friuli, che si concentrarono nei paesi intorno a Palmanova.
Il 16 aprile gli eventi precipitarono. Gli austriaci avanzarono su Palmanova, e il giorno seguente incendiarono Visco e Jalmicco. Anche Bagnaria fu invasa dai soldati croati, i quali, trovata una bandiera tricolore, saccheggiarono e dettero alle fiamme le case dell'intero paese, senza che vi fossero però vittime tra la popolazione.
Anche le case di Privano subirono la stessa sorte, mentre a Sevegliano la moglie del maresciallo austriaco Müor, che abitava nel paese, riuscì a intercedere per gli abitanti, e le loro case vennero risparmiate. Dopo l'annessione al Regno d'Italia nel 1866, fu deciso di ricordare gli avvenimenti del 1848, aggiungendo l'aggettivo "Arsa" al nome del capoluogo comunale: con il Regio Decreto dell'11 agosto 1867 il Comune fu così denominato Bagnaria Arsa.